Ritorno in ufficio, non al passato: questione di congiunzione (non astrale)
WFH o RTO? Ovvero Work from home (lavorare da casa) o Return to office (ritornare in ufficio)? È uno dei grandi dibattiti legati al post pandemia, a tutte le latitudini. Colossi come Google ed Apple, pur con l’incognita della variante Delta, stanno progettando il ritorno in ufficio dei loro dipendenti. E la questione riguarda da vicino anche molte aziende italiane. Tra aperture e resistenze, la soluzione potrebbe essere un cambio di congiunzione. Molto più, però, che una semplice modifica a un elemento del discorso.
Futuro ibrido: opportunità e sfida per tutti
Per gli esperti, si va sempre più verso una contaminazione tra lavoro in sede e attività da remoto. L’ufficio, dunque, non scompare, ma dovrà accogliere nuovamente i lavoratori. Non basta, tuttavia, semplicemente riaprire le porte. Le abitudini sono mutate, le aspettative pure. E allora l’ufficio si deve ripensare: deve dare un motivo alle persone per uscire di casa e andarci.
Si tratta di cambiare prospettiva e paradigma: dall’idea di dover andare in ufficio alla possibilità di farlo. È una sfida che riguarda tutti: aziende e lavoratori. Complice il Covid-19, infatti, anche la platea mainstream ha scoperto che lavorare da casa si può. I vantaggi non mancano: si risparmia, per esempio, tempo per gli spostamenti casa-lavoro. A guadagnarne, sottolineano diversi studi, è pure la produttività. Vi sono, tuttavia, alcune possibili criticità: non si trasforma, infatti, per prodigio un salotto in una postazione di lavoro efficace. E il rischio di isolamento sociale e burnout è sempre in agguato. L’ufficio, insomma, può continuare a fare la differenza, se saprà raccogliere la sfida.
C’è voglia di tornare in ufficio, ma…
Non ci sono né una formula esatta né un’unica soluzione adatta a tutte le organizzazioni. Assieme a contaminazione, l’altro trend topic è: sperimentazione. C’è chi è avanti, chi un po’ più indietro. Alcuni vorrebbero cambiare il meno possibile, altri approfittare dell’assist per rivoluzionare. Di certo, il tema del rientro in ufficio è attuale e costringe le aziende a rimboccarsi le maniche. Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano:
- il 70% delle grandi imprese aumenterà il numero dei giorni da remoto, portandoli in media a 2,7 a settimana;
- 1 azienda su 2 sta valutando di riprogettare i propri spazi fisici.
Su una cosa ormai tutti o quasi concordano: non ha più senso “costringere” un dipendente a lavorare in ufficio. Specie se riesce a fare le sue mansioni e raggiunge i risultati (qui sta il nocciolo della questione) anche da casa.
E se, invece, fossero proprio i dipendenti a voler tornare in ufficio? Pare siano in tanti. Lo evidenzia, per esempio, una ricerca del Gensler Research Institute condotta in vari Paesi del mondo. Per molti, l’ufficio resta il luogo migliore per collaborare e socializzare. La maggior parte dei lavoratori non vuole, però, dover scegliere tra l’ufficio e la casa. Si predilige, piuttosto, una soluzione ibrida: in sede e da remoto. Questione di congiunzione, appunto.
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I plus dell’ufficio
Dato da alcuni per spacciato, l’ufficio si ritaglia, insomma, un ruolo da (co)protagonista nel lavoro del futuro. E lo fa da un lato valorizzando al meglio alcune sue peculiarità, dall’altro riempiendo i “buchi” dell’home working. La ricerca del Gensler Research Institute rileva, per esempio, che in ufficio si vuole tornare per stare insieme, ma anche per concentrarsi. Il lavoro in sede, inoltre, viene indicato dagli intervistati come eccellente nel supportare collaborazione, consapevolezza, risoluzione dei problemi e inclusione. L’ufficio, però, deve anche:
- essere stimolante. Un report di Steelcase informa che si tende a sviluppare un maggiore senso di comunità quando si percepisce l’ufficio come stimolante. Ciò migliora il coinvolgimento, la fidelizzazione e la produttività.
- promuovere il benessere. Una ricerca di Gallup, società americana di consulenza, sostiene che impegno e benessere siano reciproci. Ciascuno influenza l’altro e, quando cooperano, contribuiscono a creare un ambiente di lavoro prospero, contenendo il rischio di burnout.
Separare gli spazi, senza dividere
La “nuova normalità” del lavoro è all’insegna di un equilibrio tra lavoro in sede e da casa. E passa attraverso una diversa concezione e progettazione del workplace. Si tratta di un processo decisivo che va governato dai manager aziendali con visione e responsabilità.
Ritorno in ufficio sì, dunque, ma non al passato. Per attrarre il lavoratore, bisogna offrirgli qualcosa che non può trovare altrove. Neppure a casa. E, spesso, è un insieme di elementi. Ci si deve poter muovere tra spazi operativi “tradizionali”, aree per la concentrazione, luoghi d’interazione e zone per la pausa. La sfida, in questo senso, è separare gli spazi, senza dividere. È il contributo che vuole dare Collaborative Room: una gamma di pod modulari pensati per riorganizzare agevolmente l’ambiente di lavoro. Privacy e socializzazione, concentrazione e condivisione, modernità e praticità. Prova ora a cambiare la congiunzione, mettendo una o al posto della e: peggio, no?